(Colle Bettaforca)
Ruvidi monti di pietra gigante,
che scintillate nell'aria e nel sol,
voi mi avvolgete in un sogno vibrante,
voi mi lanciate ad un intimo vol.
Nel contemplarvi con l'anima ansiosa
di possedervi in un puro pensiero,
sento un tormento d'ebbrezza gioiosa,
tocco la luce, m'affaccio al mistero.
Soffio del nulla è la vita mortale
col suo meschino agitarsi nel gelo;
grande soltanto è la forza che sale
tenacemente ai confini del cielo.
Vedo le creste sbranate dal vento
bere l'azzurro con viva passione,
e i nudi anfratti vestirsi d'argento
delle cascate all'intatta canzone.
Secoli urlanti d'irosa bufera
hanno sfidato i massicci a duello;
rotola infranta la rupe severa:
resiste il monte, più nuovo, più bello.
E si punteggia di vividi fiori,
fragili tocchi di grazia innocente.
Breve è lo stelo; gl'intensi colori
sfiorano tremuli il suol, leggermente.
Ma al ciel rivolgono gli sguardi arditi;
e non li vince il notturno rigore.
Sognano liberi sogni infiniti
nel gran silenzio che ha voce d'amore.
E lì a due passi c'è il bianco respiro
dei tuoi ghiacciai, travolgente bellezza,
o Monte Rosa. Insaziata li ammiro
e m'incatena una forte dolcezza.
Stendon l'immane fulgor poderoso
su colli e vertici, fra picchi audaci;
spalancan l'orrido vertiginoso
d'alti crepacci, di gole voraci.
Giù nel profondo ruggisce il torrente
fiero e smanioso d'aprirsi una via.
L'attende a valle, grandiosa e possente,
dei bruni pini la sinfonia.
Candor titanico, l'aspra tua gloria
sdegna ogni passo di pigra baldanza;
non offre il brivido della vittoria
che agli ardimenti dell' umil costanza.
Le melme torbide, l'afa opprimente,
i polverosi miasmi esiziali
ignara supera divinamente
col suo tripudio d'incanti immortali.
E tutto s'erge in gagliardo splendore
a proclamar come un tempio di vita
il nome altissimo del Creatore,
la forza eterna, la grazia infinita.