(per la benedizione del paravalanghe – Gressoney St. Jean)

Il monte fiorisce di grazia.
S'è contorto in uno spasimo ruggente
per millenni abissali.
L'apocalisse livida
di un mistero furioso
ha limato le vette,
che pungono la luce
come un acuto sogno
di volo.
E il monte s'è esteso nell'aria
lucida,
coprendo con l'infanzia dei fiori
la segreta agonia
delle sue fibre.
Ha spillato dagli atomi vivi
delle rupi
il filo d'erba
umile,
per esalare
nell'intima confidenza del tramonto
un sospiro vibrante.
Ha sciolto la gola alle cascate
per un epico canto di pazienza
modellatrice.
Ogni istante del suo esistere
è stato una tensione
d'ascesa.
Il monte s'è verticalizzato
nel fusto del larice
per puntare una supplica al cielo.
L'artiglio della bufera
gli ha straziato le vene,
ma la vetta stridendo
nell'impulso di un istinto ascensionale
s'è alzata
fino a baciare il candore.

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Il monte non sapeva;
era un'attesa cristallizzata.
Ora il mistero è luce.
La risposta sei tu,
o Vergine più pura delle nevi.
La risposta è il sorriso
che magnetizza i fiori;
la risposta è la mano
che arresta la valanga.
I secoli di spasimo contorto
sono stati le sillabe rupestri
del tuo nome.
Tu polverizzi la sadica bufera
e fulmini l'insidia della morte;
tu, Vergine, distilli la salvezza.

Il monte
s'incatena ai tuoi piedi;
le resine del bosco
imparano il linguaggio dell'incenso
e l'aria
trasparisce la gioia.