La renna bramiva. Dolente.
Il Bimbo era nato in Giudea.
Betlemme: un paese lontano,
laggiù, fra le palme e gli ulivi.

La renna guardava
la neve del Nord.
Nemmeno un virgulto d'erbetta.
I datteri? Sogni d'Oriente!
Lassù, nella gelida tundra,
soltanto licheni:
strappati a cortecce indurite,
nel buio di mezza mattina.
E neve: grigiastra o splendente.

La renna diceva:
«La pecora, sì,
e l'asino, e il bue: laggiù nella grotta.
La renna... Perché?
Perché non può stare
accanto a Gesù?».

Ed ecco arrivare,
vestito di rosso scarlatto,
un vecchio bonario,
dagli occhi dolcissimi e acuti.
La barba copriva,
bianchissima, tutto il suo petto;
ed era vivace, gioioso.
Aveva una slitta
stracolma di doni;
e scelse la renna.

Il mondo girava.
Girava il Natale.
La renna sentì l'infinito;
e vide comignoli caldi di casa.

Il Bimbo a Betlemme rideva.
Aveva trovato un aiuto:
un Babbo Natale
simpatico e buono, gioviale,
che empiva scarpette, appendeva
regali agli abeti.
Aveva trovato una renna
volante, aggiogata alla slitta
dorata dei sogni.
Donavano gioia ai bambini;
e ai grandi dal cuore gaudioso;
là, sotto quel cielo stellato,
vibrante di luce,
in mezzo a un intenso
dindon di campane.

Ma il dono dei doni: la pace,
né Babbo Natale,
né renne volanti
l'avrebbero mai consegnato.
La pace non abita nel caminetto;
non può sistemarsi, lucente,
in mezzo agli addobbi
dell'albero verde.
La pace può nascere solo
nei cuori salvati.

È il Bimbo la fonte
di questo Natale.
È il Bimbo la Grazia,
il Dono dei doni.
È Lui la salvezza;
Lui solo è l'amore.

La renna e la slitta;
l'abete, il presepe,
e Babbo Natale, coperto
da un rosso cappuccio
orlato di neve.
La grotta; e l'asino e il bue.
La magica gioia dei doni.
Nel cielo una bella cometa
dorata. Dindon di campane,
zampogne ninnanti
e canti d'angeliche voci.

E Lui, il Bambino celeste
che salva chi porta nel cuore
la sua volontà.